Tamara seppe vivere da donna libera in un’epoca in cui le donne non erano ancora libere. Per questo non poteva non essere inserita all’interno del progetto “Quelle come me”, con l’augurio che ciascuna donna sappia prendersi la libertà che le è dovuta.
Vero nome Maria Rozalia Gurwik-Górska, nacque a Varsavia il16 giugno 1898 e assunse il cognome del marito, l’avvocato Tadeusz Łempicki. Una delle leggende che si muovono attorno a Tamara, riguarda proprio il giorno dell’incontro con l’uomo: poiché aveva deciso di fare colpo, Tamara si presentò ad una sua festa vestita da pastorella con un paio di oche vive al seguito. Tutti gli invitati furono enormemente sorpresi e incuriositi da quella donna bellissima e stravagante e l’artista riuscì nel suo intento. I due si sposarono nel 1916 e nel 1918 si trasferirono a Parigi.
Nella capitale Tamara si iscrisse all’accademia e iniziò a dedicarsi alla ritrattistica: fin dai primi lavori il suo linguaggio fu insieme tradizionale e moderno, vicino al neoclassicismo di Ingres senza rinunciare alla raffinata eleganza di Klimt.
Ebbe successo, non solo per la bellezza e la singolarità dei suoi lavori ma anche per il suo atteggiamento da “maudit”: questa parola francese, che tradotta equivale a “poeta maledetto”, risulta particolarmente adatta per raccontare lo stile di vita di Tamara, uno stile provocatorio (la donna fu dichiaratamente bisessuale), pericoloso, autodistruttivo (faceva uso di droghe), uno stile che in quegli anni, a Parigi, era al centro delle cronache e attirava l’attenzione di galleristi e collezionisti.
Di lei si innamorarono Filippo Tommasi Marinetti e Gabriele D’Annunzio.
Il primo la conobbe ad un ricevimento a Milano nel 1925 e le propose di scappare con lui a Parigi per mettere a ferro e fuoco l’arte accademica esposta al Louvre. Non sapremo mai se i due lo avrebbero fatto veramente, ciò che è certo è che insieme si allontanarono dalla festa ma non poterono prendere l’auto e dirigersi a Parigi perché Marinetti l’aveva parcheggiata in sosta vietata e l’auto era stata rimossa.
Il secondo la invitò sul Lago di Garda nella sua residenza, il Vittoriale, con la scusa di commissionarle un ritratto. Tamara sapeva benissimo che l’intenzione del Vate era un’altra, tuttavia accettò la proposta. Per dieci giorni i due giocarono a rincorrersi nel parco della residenza ma l’artista non cedette alle lusinghe dell’uomo. Una notte all’improvviso fuggì e si recò a Brescia. Gabriele le mandò un messaggero su un cavallo bianco con in dono una poesia e un anello di topazio. Tamara tornò quindi al Vittoriale ma le advances del poeta diventarono pesanti e inaccettabili: una sera la indusse ad assumere cocaina e quando la donna perse conoscenza, provò ad abusarne. Tamara si svegliò, chiamò un taxi e lo abbandonò per sempre. La leggenda vuole che allontanandosi dalla villa la donna si sia sporta dal finestrino per urlare a D’Annunzio: “Vecchio nano in uniforme!”.
Come la maggior parte degli artisti, anche Tamara attraversò diverse fasi e il suo linguaggio nel tempo mutò. Prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale l’artista si era recata in America col secondo marito, il barone Raoul Kuffner de Diószegh (1886-1961), che aveva sposato nel 1933. Qui era stata accolta calorosamente. L’invasione della Polonia, suo paese d’origine, da parte di Hitler però, la gettò profondamente nello sconforto e la sua arte ebbe un’inversione “mistica” che la critica non accolse favorevolmente. Opere come La madre superiora del 1935 possono essere ritenute anticipazioni esemplari di questa fase.
Dopo la fase mistica Tamara attraversò anche quella astratta: i collezionisti però continuarono a preferire i primi lavori e non fu più invitata ad esporre. Nel 1978 si trasferì a Cuernavaca in Messico. Morì nel sonno il 18 marzo 1980. Come da sua volontà, il suo corpo venne cremato, e le ceneri vennero sparse sul vulcano Popocatépetl.
Laboratorio
Qui sotto trovate la nona scheda del colouring book “Quelle come me“, stampabile su un foglio A4.
Nell’immagine a sinistra potete vedere un ritratto fotografico di Tamara.
Nell’immagine a destra è stato riprodotto un particolare di Tamara sulla Bugatti verde, un autoritratto del 1929 che ci fa capire quanto uno degli obiettivi dell’artista fosse lavorare sulla propria immagine, trasformandosi in un’icona di stile. Tamara infatti, non possedette mai una Bugatti ma quest’auto faceva parte dell’immaginario collettivo e costruendo questo quadro l’artista alimentò l’alone di mito che gravitava intorno a lei.
Ora che conoscete la storia di questa donna, potete divertirvi a colorare questi due disegni e fare una piccola galleria d’arte in classe dedicata a “Quelle come me”, o una doppia pagina nel vostro Diario Visivo.
Ancora una volta col nostro lavoro possiamo contribuire a dare visibilità alla parte femminile del mondo dell’arte. Cerchiamo sempre di favorire in classe la diffusione di una storia dell’arte fondata su una vera parità di genere. Buon lavoro!
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